Excuse Me Mister

Marco Denti
Buscadero #199

Intervista a John Martyn

Ci sono sognatori che per qualche accidente del destino diventano chitarristi e songwriter e poi scrivono canzoni che sembrano scendere direttamente dalla luna (rosa, possibilmente). Ovvio che sulla terra, e nel mondo del rock'n'roll, hanno una vita difficile, se non impossibile: per loro, abituati ai cicli delle stagioni, a respirare aria pura (solida, forse), a sognare il mare e a cantare canzoni di Skip James, la velocità e le assurdità del ventesimo secolo devono essere sembrate dei mostri, degli errori universali. Così, se ne sono andati: l'elenco è lungo e meritevole di altro spazio, ma parte da Nick Drake e arriva a Jeff Buckley: spiriti troppo pieni di poesia per un mondo di chiacchiere.

John Martyn è un sopravvissuto, anche se ha attraversato tutte le stagioni dei drammi, di contratti stracciati, della solitudine, dell'alcool (che ancora ogi gli fa trovare i blues attorno al letto: "È unica droga a cul non riesco a rinunciare", dice, con un filo di amarezza, John Martyn) lasciandosi dietro dozzine di canzoni, uno stile chitarristico che ha fatto epoca e qualche capolavoro a partire dalla magia inarrivabile di Solid air. Adesso, ogni tanto ritorna con un disco, ed è sempre la solita, grande classe. Un talento come il suo non si può distruggere e le interpretazioni di The church with one bell ne sono la prova tangibile. Certo, è musica a cui serve un po' di dedizione perché John Martyn non è soltanto un virtuoso della chitarra (acustica o elettrica che sia), ma un vecchio bardo che quando esce dal suo esilio nelle Highlands può permettersi di dispensare vecchi ricordi, antiche melodie e anche di scoprire nuove canzoni.

The church with one bell è stata un po' una sorpresa, un po' perché inatteso, un po' perché è un album di cover (tra cui Billie Holiday, Dead Can Dance, Randy Newman e Gary Davis) e un po' per la campana. Cosa vuol dire il titolo?
The Church with one bell deve il titolo al posto dove abito, in Scozia: c'è cuesta chiesa con una sola campana che ho visto per tutta la mia vita, e ogni volta che la guardo mi ricorda che sono sempre senza soldi. Questa è la storia. Esattamente come quando mi hanno proposto un contratto, se soltanto avessi fatto un disco di cover.
Beh, mi sono detto, qual è il problema? Non ho mai fatto niente con un progetto preciso: sono sempre partito con l'idea di andare dritto al nocciolo della questione e quindi non m'importava se le canzoni erano dei Portishead, di Robert Johnson, di Ben Harper o di Debussy. Voglio dire: o ti smuovono qualcosa dentro, o non te lo smuovono. Questa è stata la base della mia scelta. Ho messo giù una quindicina di brani e poi abbiamo scelto quelli che sono andati sul disco.

Come mai Excuse Me Mister di Ben Harper? È curioso perché certi suoni e certe evoluzioni sembrano spaziare tra jazz, canzone d'autore, folk e improvvisazione. Anche Nick Drake suonava così.
Ah, non lo so. Ho scelto Excuse Me Mister perché è una grande canzone e mi piace tantissimo Ben Harper. Le improvvisazioni di Nick Drake, beh, era un poeta.

Lo stesso approccio mi sembra di sentirlo in Solid Air, per esempio.
Ah, Solid air, che periodo. È stato tutto così naturale. È stato veramente come tuffarsi dentro le canzoni. Per me è stato un momento fondamentale, anche se poi l'intensità con cui avevo suonato e registrato Solid air è stata così forte che mi sentivo prosciugato. Per questo dopo Solid air, ho cercato di andare più lontano possibile da quell'idioma. Prima di tutto avevo bisogno di un po' di relax e poi di provare a cambiare i miei vestiti.

Magari passando con maggiore convinzione al folk e dintorni.
Non so, non intendo la mia musica folk come possono esserlo i Chieftains o i Clancy Brothers. Tradizionale, in un certo senso. Personalmente faccio fatica a pensare in termini di etichette o di definizioni precise. Io penso soltanto che la musica può essere buona oppure no. Il resto è del tutto relativo. Folk è forse una sorta di sigla culturale per definire una musica dove la melodia è sempre determinante, ma di tratta di una definizione formale.

Suonando la chitarra dall'età di quattordici anni, che differenza vivi oggi suonando la chitarra elettrica invece di quella acustica?
Quando suoni elettrico ti serve una band, non c'è dubbio. Io cambio le canzoni perché ce ne sono alcune che si prestano maggiormente per la chitarra elettrica ed altre che sono più adatte all'acustica. Quando suono l'acustica, poi, penso sempre a Bert Jansch che è stato uno dei musicisti che mi hanno influenzato di più.
Comunque, acustica o elettrica, è una questione di sensibilità, anche se prima o poi sono convinto che riuscirò a suonare anche il trombone.

In The Church With One Bell ci sono anche due canzoni di Bobby Charles, una delle quali vede anche Rick Danko come autore.
Ah, mi spiace di non aver mai incontrato Bobby Charles, scrive delle canzoni meravigliose e sono contento di averne scelte un paio per The Church With One Bell.

E la Band? Voglio dire, hai collaborato spesso con loro? C'è qualche affinità particolare?
Affinità? Si, certo: sono grandi e io li adoro.

A cura di Marco Denti


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Buscadero is an Italian monthly rock magazine that was in its nineteenth year of existence at the time of publication. The orginal copy cost 7.000 lire.