In «Sunday's Child», l'ottavo album di John Martyn,
si celebrano le aspirazioni dell'uomo comune, di tutti i giorni:
gioia della famiglia, nella tranquillità più piena si raccolgono i frutti di una vita,
nella dolcezza si ritrovano i desideri dell'amore...
un lavoro che fa fare un passo avanti alla buona musica
e lascia arretrare l'abbaglio e il glam. Anteprima.
Oggi che l'ascoltatore si avvicina con molto piu amore e apertura mentale ad un materiale di folk acustico, con un orecchio alla ricerca popolare e l'altro al rock, tutta una certa schiera di cantautori, con già alle spalle anni e anni di attività, riesce finalmente a trovare un suo spazio preciso.
Gli esempi più appariscenti, ancora una volta, ci arrivano dall'America per prima, e poi dall'Inghilterra. Kenny Rankin, Jackson Browne, Ry Cooder, Eric Andersen, Patrick Sky, Peter Walker e ancora una serie di nomi più o meno conosciuti; una sequenza di immagini: mito di Dylan e chitarra acustica: stessi passi e stessa trafila. In Inghilterra la storia è simile: Bert Jansch, Roy Harper, Nick Drake, John Martyn... molta voglia di suonare rompendo barriere, sviscerando il blues, il rock, i segni celtici, le dolci ballate, il ritmo pulsante del jazz. Una scuola di saggi, impertinenti, testardi, geniali, sublimi poeti-musici, di troubadors al di qua e al di la dell'oceano, una schiera di imperturbabili eroi dalle idee chiare ed il cuore limpido.
È di John Martyn e del suo ultimo album, l'ottavo della sua produzione, che vi voglio parlare: delle ragioni che ne fanno una figura particolare ed accattivante, pura e magica, che si barcamenta, felicemente imbarazzata, tra folk, rock e jazz, mille voci, disegni, colori, immagini, senza il bisogno di etichette e classifiche, senza l'intervento sterile di luccichii e sfarzi.
Presentato per la prima volta al pubblico italiano proprio da Ciao 2001 (n. 5 del '74) con un articolo di Enzo Caffarelli, John Martyn ha continuato per la sua strada fatta di tappe senza colpi di scena, ma con interventi sicuri e decisivi: concerti e tournées coadiuvati dall'uscita di otto albums: «London Conversation», del febbraio del '68, strettamente legato all'atmosfera ribelle che il periodo chiedeva, «The Tumbler», del dicembre dello stesso anno, con il saggio aiuto di Harold McNair, «Stormbringer!», del febbraio del '70, prodotto tipicamente americano con l'intervento della moglie Beverley, «Road To Ruin», più intimamente jazzistico, «Bless The Weather», del novembre del '71, intimo e raccolto, «Solid Air», del febbraio del '73, «Inside Out», ottobre '73, di nuovo attaccati profondamente al folk con venature jazzistiche, fino a «Sunday's Child» del gennaio del '75, logico e superbo continuare della ricerca.
Un personaggio da conoscere, quindi, e da rispettare: oggi che Inghilterra e America sembrano scoprirlo come fosse la prima volta lasciamo che John Martyn ci trasporti in un mondo vergine ed illimitato, quel mondo che è stato il suo campo di battaglia per cosi tanto tempo e nel quale noi ci possiamo rispecchiare, tranquilli e, finalmente, felici.
• FIGLIO DELLA DOMENICA
In questo album si celebrano le aspirazioni dell'uomo comune, di tutti i giorni: gioia della famiglia, nella tranquillità più piena si raccolgono i frutti di una vita, nella dolcezza si ritrovano i desideri dell'amore: «One Day Without You», «Lay It All Down», «Clutches», episodi vibranti, fin troppo accattivanti. «...Tesoro, camminerai con me dolcemente? Vieni a passeggiare nell'aria della sera. Sono sicuro che mi farai sentire meglio e sapere che tu rimarrai sempre con me. Voglio andarmene dalla città... Voglio seguire il suono... e lasciare tutto...» - così John canta con la sua voce opaca e strusciante -splendida per queste caratteristiche- lanciando messaggi candidi con una pronuncia che si posa appena sulle parole, quasi per pudore: «...Centinaia di baci stanno volando a casa, verso te...» - la chitarra precisa ed essenziale, che ben si fonde con l'imperioso basso di Danny Thompson e l'intercedere di Liam Genochey alla batteria.
Splendidi i due tradizionali, «Spencer The Rover» e «Satisfied Mind», inglese il primo, americano, il secondo, di cui gli arrangiamenti riescono a creare il magico riproponendo la validità della ricerca nel campo popolare, cosa che ogni paese dovrebbe rifare.
II lavoro è ben amalgamato a riprova di un'ottima produzione (John stesso) e tutto sembra calzare come un guanto: prestandogli attenzione faremo fare un passo avanti alla buona musica, lasciando arretrare l'abbaglio e il glam.
«Ouante volte avete ascoltato qualcuno dire: Se avessi il suo denaro farei quello che voglio. Ouanto poco sa la gente che la pensa così, è difficilissimo trovare un ricco soddisfatto. Perché il denaro non ti può riportare la gioventù quando sei vecchio, e un amico quando sei solo, e un amore che si sta raffreddando...». (Satisfied Mind).
Maria Laura Giulietti
sitenotes:
This issue of Ciao 2001 had Area on the cover and originally cost 300 Lire. John's review was published on pages 18-20.